LATA
Laboratorio Analisi e Tecnologie Ambientali
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L'esposizione ad agenti cancerogeni sul luogo di lavoro rappresenta una delle sfide più rilevanti per la tutela della salute dei lavoratori. Secondo i dati dell'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), ogni anno in Europa si registrano circa 120.000 decessi per tumori di origine professionale, un numero che supera quello degli infortuni mortali sul lavoro. In Italia, l'INAIL stima che tra il 4% e l'8% di tutti i tumori maligni sia attribuibile all'esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni.
Questi numeri evidenziano come il rischio cancerogeno nei luoghi di lavoro non sia un problema marginale, ma una priorità assoluta per la salute pubblica e per le stesse aziende. A differenza di altri rischi lavorativi, l'esposizione ad agenti cancerogeni presenta caratteristiche peculiari: gli effetti sulla salute possono manifestarsi dopo anni o decenni dall'esposizione, rendendo difficile stabilire un nesso causale immediato e chiaro. Proprio per questo motivo, la normativa italiana ed europea impone ai datori di lavoro obblighi rigorosi e specifici in materia di valutazione e gestione del rischio.
Ma oltre all'obbligo normativo, emerge sempre più chiaramente come una corretta gestione del rischio cancerogeno costituisca un elemento strategico per le aziende: non solo tutela la salute dei lavoratori, ma protegge l'organizzazione da conseguenze legali, economiche e reputazionali potenzialmente devastanti.
Per comprendere appieno il tema, è necessario partire da una definizione tecnica ma chiara. Secondo il D.Lgs. 81/2008, un agente cancerogeno è una sostanza, una miscela o un processo che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, può provocare il cancro o aumentarne la frequenza.
La classificazione degli agenti cancerogeni segue criteri armonizzati a livello europeo attraverso il Regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging), che suddivide le sostanze cancerogene in tre categorie principali:
È importante sottolineare che la presenza di un agente cancerogeno in azienda non implica automaticamente un rischio elevato per i lavoratori. Il rischio effettivo dipende da molteplici fattori: la quantità di sostanza utilizzata, la frequenza e la durata dell'esposizione, le modalità di impiego e le misure di prevenzione adottate. Ciò che conta è l'esposizione effettiva del lavoratore, non solo la presenza della sostanza.
Gli agenti cancerogeni sono presenti in numerosi settori produttivi. Alcuni esempi concreti:
A questi si aggiungono agenti fisici (radiazioni ionizzanti, raggi UV) e biologici (virus dell'epatite B e C, Helicobacter pylori), ma in questo articolo ci concentriamo principalmente sugli agenti chimici, che rappresentano la categoria più ampia e diffusa.
La normativa italiana in materia di agenti cancerogeni è tra le più avanzate in Europa e si basa su un principio fondamentale: la prevenzione primaria, ovvero l'eliminazione o la riduzione al minimo dell'esposizione.
Il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro dedica un intero capo agli agenti cancerogeni e mutageni, imponendo al datore di lavoro una serie di obblighi specifici e non delegabili:
Il Regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) stabilisce gli obblighi per i produttori e gli importatori di sostanze chimiche, imponendo la registrazione presso l'Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) e fornendo informazioni dettagliate sulla pericolosità.
Il Regolamento CLP armonizza la classificazione e l'etichettatura delle sostanze pericolose a livello europeo, rendendo immediatamente riconoscibili gli agenti cancerogeni attraverso pittogrammi specifici (teschio e ossa incrociate, pericolo per la salute) e indicazioni di pericolo standardizzate (frasi H350 "Può provocare il cancro", H351 "Sospettato di provocare il cancro").
NOVITÀ NORMATIVA IN ARRIVO
La Direttiva UE 2022/431, attualmente in via di recepimento in Italia, amplierà significativamente il campo di applicazione del Titolo IX Capo II del D.Lgs. 81/2008. La normativa includerà anche le sostanze tossiche per la riproduzione (classificate con indicazioni di pericolo H360) nel medesimo regime già previsto per cancerogeni e mutageni.
Questo significa che anche per i tossici per la riproduzione diventeranno obbligatori:
La direttiva introduce inoltre nuovi valori limite occupazionali per diverse sostanze, tra cui composti dell'acrilonitrile, benzene, nichel, piombo e bisfenolo A.
LATA dedicherà un approfondimento specifico alle sostanze tossiche per la riproduzione e alle novità introdotte dalla nuova normativa europea. Torna a visitare il nostro sito per rimanere aggiornato sulle evoluzioni legislative e sulle implicazioni pratiche per le aziende.
La valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni è un obbligo non delegabile del datore di lavoro (art. 17, D.Lgs. 81/2008). Questo significa che, anche affidandosi a consulenti esterni qualificati, la responsabilità ultima rimane in capo al datore di lavoro.
Le conseguenze della mancata valutazione o di una valutazione inadeguata sono severe:
La valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni è un processo articolato che richiede competenze tecniche specifiche e un approccio metodologico rigoroso.
Il primo passo consiste nell'individuare tutti gli agenti cancerogeni presenti in azienda, attraverso:
Una volta identificati gli agenti presenti, è necessario valutare chi, come e quanto è esposto:
Esistono diverse metodologie per stimare il rischio di esposizione, che vanno da approcci qualitativi (basati su matrici di rischio e criteri di priorità) ad approcci quantitativi (basati su misurazioni ambientali):
È importante sottolineare che non esiste una soglia di sicurezza per le sostanze cancerogene: anche esposizioni molto basse possono comportare un rischio, sia pur ridotto. Per questo motivo, l'obiettivo deve essere sempre la riduzione al più basso valore tecnicamente possibile.
Per tutti i lavoratori per cui la valutazione ha evidenziato un'esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro deve:
Una volta completata la valutazione del rischio, il datore di lavoro deve attuare misure preventive e protettive secondo una gerarchia di interventi definita dalla normativa.
La misura prioritaria è l'eliminazione dell'agente cancerogeno dal ciclo produttivo o, se ciò non è possibile, la sua sostituzione con sostanze non pericolose o meno pericolose. Questa valutazione deve essere documentata nella valutazione del rischio e deve tenere conto non solo della fattibilità tecnica, ma anche dei costi ragionevolmente sostenibili.
Esempi di sostituzione:
Quando la sostituzione non è tecnicamente possibile, occorre ridurre l'esposizione attraverso:
Solo quando le misure tecniche e organizzative non sono sufficienti a ridurre l'esposizione al di sotto dei valori limite, è obbligatorio l'utilizzo di DPI:
I DPI devono essere forniti gratuitamente dal datore di lavoro, che deve anche assicurare la formazione adeguata all'uso corretto, la manutenzione e la sostituzione periodica.
Un elemento trasversale a tutte le misure di prevenzione è la formazione specifica dei lavoratori esposti. Essi devono essere informati su:
La formazione deve essere ripetuta periodicamente e ogni volta che si verifichino cambiamenti significativi nel processo produttivo.
Una gestione efficace del rischio cancerogeno non rappresenta solo un adempimento normativo, ma costituisce un investimento strategico per l'azienda, con benefici tangibili sotto molteplici aspetti.
Il beneficio più evidente e importante è la protezione della salute dei lavoratori. Prevenire l'insorgenza di patologie tumorali professionali significa salvaguardare vite umane e garantire ai lavoratori un ambiente di lavoro sano e sicuro. Questo si traduce anche in una riduzione del numero di malattie professionali denunciate, con conseguente diminuzione dei giorni di assenza per malattia e dei costi legati alla sostituzione del personale.
Una gestione efficace della prevenzione comporta vantaggi economici diretti e indiretti:
Nel contesto attuale, la reputazione aziendale è un asset fondamentale. Aziende che dimostrano un impegno concreto nella tutela della salute e sicurezza dei lavoratori godono di:
La gestione del rischio cancerogeno si inserisce pienamente nella dimensione Sociale (S) dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance), che stanno diventando sempre più rilevanti per:
L'impegno per la prevenzione del rischio cancerogeno contribuisce direttamente al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, in particolare:
Molte gare d'appalto pubbliche e private attribuiscono punteggi premiali alle aziende che dimostrano:
L'esposizione ad agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro rappresenta uno dei rischi più insidiosi e dalle conseguenze più gravi per la salute dei lavoratori. La normativa italiana ed europea impone ai datori di lavoro obblighi precisi e stringenti, fondati sul principio della prevenzione primaria: eliminare l'agente cancerogeno quando possibile, ridurre l'esposizione al minimo tecnicamente raggiungibile quando l'eliminazione non è fattibile.
La valutazione del rischio è un processo complesso che richiede competenze tecniche specialistiche, un'analisi accurata dei processi produttivi e un approccio multidisciplinare che coinvolge figure professionali diverse: datore di lavoro, RSPP, medico competente, consulenti esterni qualificati.
Ma oltre all'obbligo normativo, emerge con sempre maggiore evidenza come una gestione efficace del rischio cancerogeno rappresenti un investimento strategico per l'azienda. I benefici vanno ben oltre la conformità legislativa: tutela concreta della salute dei lavoratori, riduzione dei costi diretti e indiretti, miglioramento della reputazione aziendale, integrazione con i criteri ESG e gli obiettivi di sostenibilità, vantaggio competitivo sul mercato.
In questo contesto, affidarsi a professionisti qualificati diventa fondamentale. Un laboratorio specializzato come LATA, con oltre 40 anni di esperienza nel settore, può supportare le aziende in ogni fase del processo: dall'identificazione degli agenti cancerogeni presenti alla valutazione quantitativa dell'esposizione attraverso campionamenti e analisi certificate, dall'elaborazione del documento di valutazione del rischio all'assistenza nella definizione delle misure preventive più appropriate, fino alla gestione del registro degli esposti e alla consulenza continuativa per l'aggiornamento della valutazione.
La sicurezza sul lavoro, e in particolare la prevenzione del rischio cancerogeno, non è un costo ma un valore che genera benefici misurabili per i lavoratori, per l'azienda e per la società nel suo complesso.
Per chi desidera approfondire il tema degli agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro, di seguito sono riportate le principali fonti normative, istituzionali e scientifiche di riferimento.
Per maggiori informazioni sui servizi LATA in materia di valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni, analisi di laboratorio e consulenza specialistica, visita la sezione Consulenza Sicurezza sul Lavoro del nostro sito.